“Trasparente” di Sara J Jones: un viaggio tra contrasti che diventano elementi di riconoscimento
«Essere trasparenti non vuol dire essere vuoti. É avere il coraggio di farsi vedere per ciò che si è davvero. Di non nascondere le crepe, le paure, i desideri. La trasparenza non è debolezza, è verità. (…..) È togliere il filtro, è mettersi davanti uno specchio. Uno specchio, il mio specchio, nel quale potete riconoscervi anche voi. Ti mostrerà com’è l’anima, quando è in pace o quando non lo è. Ma la cosa importante è non nascondersi mai».
Sono le parole di “Intro”, brano che apre “Trasparente” (ADA Music Italy/Warner Music Italy), il nuovo EP di Sara J Jones. Un progetto che entra nel discorso contemporaneo su come ci raccontiamo, cosa lasciamo vedere e cosa resta in quegli angoli bui che proteggiamo da sguardi indiscreti. Cinque tracce che usano la scrittura, l’immagine e il suono per definire un’identità chiara e leggibile, fatta di riflessi, contraddizioni e zone di sé finora rimaste in ombra.
Il modo più onesto per mostrarsi senza aggiunte superflue, come se l’artista avesse deciso di posare lo specchio davanti a sé e, allo stesso tempo, offrirlo a chi ascolta. Un invito a non schermarsi, a “togliere il filtro” e guardarsi senza giudizio, con tutte le proprie fragilità.
Sentirsi trasparenti, oggi, non coincide obbligatoriamente con il bisogno di mostrarsi senza essere notati. È una condizione più sottile, quasi laterale: la sensazione di attraversare esperienze, relazioni e contesti senza lasciare un’immagine nitida di sé. Una presenza che non sparisce, ma che scivola ai margini quando la percezione che abbiamo di noi stessi non riesce a trovare un punto fermo. L’EP nasce anche da qui: dal tentativo di dare una forma a quello che spesso, volutamente, confiniamo ai bordi della nostra attenzione, riportando densità alle parti che tendiamo a silenziare. In questo senso il disco non tratta la fragilità come un elemento da esibire o proteggere, ma come qualcosa da capire, riconoscere e usare per definirsi meglio nei propri spazi quotidiani.
“Trasparente” è un EP concettuale, che attraversa l’amore, la malinconia, le contraddizioni, il sarcasmo e l’estetica dell’imperfezione come chiave per riconoscersi. Un progetto con cui Sara J Jones decide di mettere ordine nel proprio immaginario, raccogliendo i capitoli che hanno dato vita ad una nuova versione di sé. Più matura. Più consapevole. Più serena.
Una serenità ricercata prima e consolidata poi tra verità scomode e omissioni necessarie, che trova la sua iconografia nella copertina del disco: Sara è seduta a terra, di spalle, mentre regge uno specchio piccolo, che riflette solo il volto. Per lei lo specchio non un oggetto scenico, ma un punto di osservazione: una porzione di sé che decide di mostrare e, nello stesso momento, di guardare. La sua immagine di spalle, che non offre una visione frontale, comunica che la verità non è mai immediata. Perché il punto non è mostrarsi, ma scegliere come farlo.

Nei testi, questo approccio appare con maggiore chiarezza: dalle nuvole “stile Magritte” che cambiano forma a seconda dello sguardo, ai percorsi non lineari di “Wabi Sabi”, fino ai tagli netti e sarcastici di “Solo a guardarti mi annoio”. La trasparenza si spoglia del candore per diventare rivelazione, anche quando significa soffrire.
Tra elettronica morbida, r’n’b, pop contemporaneo e una scrittura che sin dal primo singolo le è valsa il riconoscimento della stampa come una delle giovani penne più interessanti della nuova scena indipendente, Sara J Jones opta per cornici sonore minimal, nitide, che regalano il primo piano alle parole e a un sottotesto che si priva di ogni eccesso, di ogni abbellimento, di ogni copertura.
“Trasparente” è un disco che respira, che non ha paura del vuoto tra un verso e l’altro. La produzione, realizzata da Sam Lover e YngTocx, lavora sull’ambiente, sui dettagli che trovano la loro collocazione naturale quando si decide di non saturare. Una scelta che conduce la cantautrice milanese verso una direzione più matura e definita rispetto ai lavori precedenti.
«”Trasparente” – dichiara l’artista – è il mio riflesso. Dentro c’è tutto ciò che mostro e tutto ciò che proteggo. Ho scelto di lasciare spazio alle mie contraddizioni, alla mia ombra e alla mia luce: ogni brano è un frammento, un pezzo di me che non avevo mai raccontato in questo modo. È il progetto che segna l’inizio di una solidità nuova: un lavoro vero di squadra, una serenità diversa, una ricerca musicale che finalmente sento mia. Racconta chi sono, come spero possa parlare anche a chi cerca di capirsi davvero.»
Con “Trasparente” Sara J Jones mette un punto e riparte da qui: da un lavoro che definisce una direzione precisa e che apre un nuovo capitolo del suo percorso. Le cinque tracce dell’EP ne rappresentano la struttura, ognuna con un ruolo diverso all’interno di questo equilibrio.
A seguire, tracklist e track by track del disco.
“Trasparente” – Tracklist:
1. Intro
2. Nuvole
3. Solo a guardarti mi annoio
4. Sfumature blu
5. Wabi Sabi
“Trasparente” – Track by Track:
Intro. L’apertura, il rifiuto netto che l’idea di trasparenza coincida con l’esposizione ingenua. Un atto deliberato, un modo per dire “mi vedo e vi chiedo di guardarvi”. Le lacrime, lo specchio, la nudità dell’anima diventano immagini che non chiedono compassione, ma comprensione.
Nuvole. Ciò che percepiamo cambia forma a seconda della distanza. «Trasparente, sai, stile Magritte», canta Sara, in un pezzo che alterna leggerezza e senso di smarrimento: disegni che si dissolvono, déjà-vu, vinili d’infanzia, la voce dell’altro che diventa “tormento nocivo”. La trasparenza, qui, è quello che rimane quando il ricordo non ha più contorni.
Solo a guardarti mi annoio. Il pezzo più affilato dell’EP. Scrittura diretta, sarcastica, priva di metafore, per delineare una relazione tossica che non viene raccontata ma interrotta. È il brano che mostra l’indipendenza del progetto: “Io che sono un uragano” contro chi resta immobile sul divano. Una scelta musicale più urban, più immediata, pensata per arrivare anche a un pubblico non strettamente pop.
Sfumature Blu. Il colore dell’inverno del cuore. Un pezzo che attraversa Nutini, le new shoes per distrarsi, le albe che riempiono gli occhi e il mare che simboleggia una pausa. Racconta una distanza dolorosa, quella tra ciò che rimane e ciò che non tornerà più. Le “sfumature” del titolo non sono cromie, ma possibilità che sfumano. E con loro, una parte di noi.
Wabi Sabi. L’imperfezione come scelta estetica. Hokusai, il kintsugi, le cicatrici da riempire d’oro, l’onda che non smette mai di alzarsi. È il brano più concettuale del disco, quello che trasforma un riferimento culturale in identità: scegliere per sé, non coprire ciò che fa parte del proprio percorso, trovare bellezza nell’irregolare. Una chiusura perfetta per il fil rouge dell’EP.
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